Esodo pensionistico 2025–2029: picco 2027–2029 in Difesa e Polizia


Si avvicina un esodo pensionistico senza precedenti: tra il 2025 e il 2029 uscite massicce metteranno sotto pressione INPS e conti pubblici. Servono assunzioni e crescita per reggere l’urto, con picco atteso nel periodo 2027–2029 anche per Difesa e Polizia.

Il grande esodo 2025–2029: cosa ci dicono CGIA e cosa attende Difesa & Polizia

Secondo la CGIA di Mestre, tra il 2025 e il 2029 usciranno dal lavoro poco più di 3 milioni di persone (≈ 12,5% della forza lavoro). Nel comparto Difesa e Polizia il picco delle uscite è atteso tra il 2027 e il 2029, quando i numerosi ingressi di personale avvenuti a metà anni ’80 e all’inizio degli anni ’90 matureranno i 40 anni di servizio o i 58–60 anni. Intanto, la durata media della vita lavorativa in Italia resta bassa (≈32,8 anni): l’ingresso tardivo dei giovani riduce i versamenti e mette sotto pressione la sostenibilità previdenziale.

Il quadro CGIA: la dimensione dell’esodo (2025–2029)

Il nuovo rapporto CGIA di Mestre fotografa un’uscita dal lavoro senza precedenti. In cinque anni andranno sostituiti poco più di 3 milioni di addetti, pari a circa un ottavo dell’occupazione italiana. La composizione, per natura del lavoro, è questa:

  • Dipendenti privati: ~52,8% del totale (≈ 1,61 milioni)

  • Pubblica Amministrazione: ~25,2% (≈ 768 mila)

  • Autonomi: ~21,9% (≈ 665 mila)

Per settori, oltre 7 su 10 delle uscite ricadono nei servizi; l’industria pesa poco meno di un quarto e l’agricoltura circa il 3–4%. Sul fronte territoriale, il maggior numero di rimpiazzi attesi riguarda Lombardia (circa 567,7 mila), Lazio (circa 305 mila) e Veneto (circa 291,2 mila).

Perché il picco 2027–2029 colpirà Difesa & Polizia?

Nelle Forze Armate e Corpi di Polizia a ordinamento militare (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, Guardia di Finanza) e nei Corpi civili (Polizia di Stato, Vigili del Fuoco), la struttura per età sconta una grande ondata di arruolamenti avvenuta da metà anni ’80 fino all’inizio degli anni ’90.

Questi ingressi molto numerosi degli anni passati stanno arrivando, tra 2027 e 2029, al traguardo dei 40 anni di servizio o dei 58–60 anni di età (soglie tipiche di uscita), producendo una cresta naturale di pensionamenti.
In pratica, non è un’uscita “a pioggia” ma un’onda che culmina in quel triennio e può protrarsi fino al 2030–2032 per i gruppi entrati negli anni immediatamente successivi.

Il nodo generazionale: perché la “staffetta” non funziona da sola

Lo sfondo demografico e occupazionale non aiuta. Il Centro Studi CNA segnala che la durata media della vita lavorativa in Italia è di circa 32,8 anni, fra le più basse in Europa: si lavora 8 anni in meno rispetto alla Germania e circa 3 in meno rispetto a Francia e Spagna. La causa principale è l’ingresso tardivo dei giovani nel mercato del lavoro, che limita i versamenti contributivi e rende insufficienti i soli innalzamenti dell’età pensionabile per garantire la sostenibilità del sistema.

Cosa implica per Difesa & Polizia

Se l’ingresso dei giovani resta tardivo, l’onda di uscite 2027–2029 rischia di produrre vuoti di organico difficili da colmare in tempi rapidi, con effetti su turni, servizi operativi, addestramento e trasmissione delle competenzeAncor più, in assenza di reclutamento e formazione tempestivi, l’onda potrebbe amplificare le criticità già segnalate dal rapporto CGIA sul lato pubblico.

Impatti su INPS, PA e retribuzioni per Militari e Poliziotti

Tra 2027 e 2029 l’uscita dal lavoro si concentrerà quando si raggiungono i 58–60 anni d’età o i 40 anni di servizio effettivo. Ciò significa meno contributi in entrata e più spesa pensionistica per l’INPS, con probabili effetti sui conti pubblici.

Nella Pubblica Amministrazione l’esodo rischia di lasciare uffici e reparti più scarni e più anziani. Chi resta dovrà coprire più turni, formazione e servizi, con inevitabile usura organizzativa.

Sul fronte retributivo, secondo i dati sull’inflazione 2021–2023 e le valutazioni delle principali organizzazioni di categoria, i rinnovi contrattuali non hanno ancora recuperato il caro vita; il confronto con molti Paesi UE resta sfavorevole. Per il triennio 2025–2027, a legislazione vigente, le risorse previste dalla legge di bilancio 2025 risultano inferiori rispetto al precedente rinnovo: occorre una correzione in NADEF per tutelare il potere d’acquisto e garantire attrattività.

La risposta non può essere solo l’esternalizzazione: servono assunzioni e percorsi formativi rapidi, la revisione di vincoli (superando con urgenza la legge 244/2012 (“Di Paola”)) e una regia industriale che riporti in casa competenze critiche (ad esempio la manutenzione dei sistemi d’arma). Un aiuto, in tal senso, può arrivare dagli impegni assunti in sede NATO al Vertice dell’Aia (25 giugno 2025): percorso verso il 5% del PIL entro il 2035, con almeno il 3,5% destinato ai requisiti “core” della difesa e fino all’1,5% a spese connesse alla sicurezza. Un sentiero graduale che, se rispettato, favorirebbe aumenti stipendiali più corposi e il potenziamento dei Comparti Difesa e Sicurezza, con più bandi di arruolamento per garantire un adeguato ricambio generazionale e professionale.


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